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Sergio Maistrello: abitare la rete

Sergio Maistrello: abitare la rete

Il web 2.0 è fatto soprattutto di persone che condividono
contenuti. Se il blog è la nostra casa digitale, quanti tipi di abitazioni diverse troviamo? E che inquilini o padroni incroceremo lungo il tragitto? Ne parliamo con Sergio Maistrello, esperto di comunicazione sul web...

 

di Francesca Pacini

 

 




La parte abitata della Rete è un libro imprescindibile per chi si occupa di Internet e delle nuove tecnologie. Con uno stile semplice, lontano da retoriche o virtuosismi leziosi, Maistrello racconta del web 2.0, con il suo sistema orizzontale di condivisione dei contenuti in questa enorme città che cresce progressivamente in una sorta di sistema che si autoregola e alimenta. La Grande Conversazione vive e cresce in questo mondo parallelo che unisce ogni luogo del mondo. Conoscerne le modalità aiuta tantissimo, sia i neofiti che gli esperti internauti.
Mi sono sforzata nel contenimento delle domande. Lui, Maistrello, al telefono usa gli stessi toni caldi che caratterizzano la sua scrittura.


La parte abitata della rete siamo noi. Il blog è la nostra casa, la "residenza espressiva di un inquilino", come scrivi tu. Quanti tipi di abitazioni ci sono?

Quanti tipi di case ci sono? A leggere un testo di architettura o la guida di un'agenzia immobiliare forse potremmo restringere il campo a una ventina di modelli di massima, i più ricorrenti. Questo ci dice molto su come sono fatti i muri, ma nulla di chi ci vive dentro. Lo stesso vale per i blog e gli strumenti espressivi tipici della parte abitata della rete: possiamo trovare gruppi di case digitali omogenee, ma questo non ci direbbe molto sul significato di questi punti di presenza delle persone. La cosa riguarda soprattutto le persone stesse e la condivisione delle loro storie, competenze e idee. Nel caso dei blog, poi, è ancora più difficile tracciare confini, perché l'unità di misura minima non è il sito, ma il singolo intervento (in gergo: il post). Un blog può essere personale e professionale al tempo stesso, giornalistico e letterario, tecnico e musicale... Ognuno di noi ha esperienze e specializzazioni le più disparate, e un blog non fa che trasferire su Internet la complessità del suo autore.

Il link rappresenta nel web la moneta. Ma il successo di un blog dipende anche dal numero dei commenti ai post?

Il successo di un blog dipende dalla personalità di chi lo utilizza. Tutte le sue componenti ne sono influenzate. In sé, link e commenti sono solo contenitori di significato. Se usati bene sono un ingrediente fondamentale per il successo, altrimenti non sono più utili di quanto lo erano su un sito vetrina vecchia maniera. Detto ciò, dipende anche da che cosa intendiamo per successo di un blog. Anche un blog piccolissimo e letto da una manciata di persone per me è un grande successo, se riesce a trovare e ad aggregare le poche persone a cui è destinato.

Come nasce e si sviluppa sul web la reputazione di un blogger?

Come nella vita di tutti i giorni fuori da internet. Io ripeto sempre che la rete non è uno spazio a sé, né tanto meno il tanto vagheggiato ambiente virtuale: è la vita di tutti i giorni, solo portata in un ambiente in cui le distanze fisiche si riducono e le idee possono circolare e aggregarsi per analogie con maggiore facilità. Quindi potremmo dire che la reputazione in fondo è la stessa, soltanto sottoposta a un numero maggiore di valutazioni e verifiche grazie alla scala maggiore su cui Internet mette alla prova persone e contenuti.

Le regole della conversazione in rete consigliano al blogger di non lasciare frasi promozionali per attirare utenti nel proprio blog. Che ne pensi del commento classico in qui si scrive: "Ciao, ho visitato il tuo blog. Passi nel mio?" Cancellarlo o ignorarlo?

È un segno di ingenuità tipico dei primi passi in rete: da un lato mi irrita, dall'altro mi fa tenerezza. Del resto, se chi investe parecchio tempo a seminare i blog altrui di inviti alla visita non richiesti e privi di relazione col contenuto che si commenta, investisse quello stesso tempo a raccontarsi e a mettersi in gioco, otterrebbe sicuramente maggiore riscontro. Che cosa fare di questi commenti? Non c'è una ricetta, ognuno deve gestire il suo blog come ritiene giusto.

Parliamo del corporate blog. Come i blog hanno cambiato la comunicazione aziendale?

Mi viene da dire che in assoluto non hanno cambiato ancora molto, ma la portata del mutamento è potenzialmente enorme. L'opportunità è quella di riprendersi un rapporto diretto ed equilibrato tra tutti gli attori del mercato: basta vetrine e investimenti di immagine, torniamo a conversare e a dare un senso alle parole (e ai prodotti, e ai soldi, e alla concorrenza - ma questo è un ragionamento che ci porterebbe lontano). Evidentemente molto dipende da come sarà gestita questa rinnovata vocazione di comunicazione in rete: ci sono aziende che si accontentano di avere un blog per cavalcare il nuovo che fa notizia, altre che si mettono in gioco profondamente, acquisendo i valori della Rete e partecipando alla conversazione globale. Se è vero che stiamo gettando le fondamenta della società digitale, le seconde probabilmente godranno di grandi vantaggi competitivi. Ricordo che a Web 2.Oltre, lo scorso giugno, mi colpì il racconto dei casi di successo di corporate blogging: le aziende si dicevano stupite che ci fossero persone interessate a parlare con loro dei loro prodotti, così come i consumatori si stupivano che le aziende fossero interessate a parlare con loro. Passata la grande paura di rischiare, tipica di chi investe (in Italia soprattutto), si registrano grandi soddisfazioni e rinnovate vocazioni imprenditoriali. Mi sembra un buon inizio.

Citi il caso della Sun Microsystem in cui l'amministratore delegato Jonathan Schwartz arriva ad annunciare il licenziamento di cinquemila dipendenti sul suo blog…

Comunicare in modo trasparente è meglio che non comunicare affatto o raccontare frottole di plastica. Qualunque cosa si debba comunicare. Poi, certo, le degenerazioni del mercato contemporaneo sono talmente profonde che non saranno certo i blog a poterle ripianare. Così come un blog mette a nudo in fretta, nel bene e nel male, le caratteristiche di una persona.

La città come rete sociale. Quanto e cosa possono fare i blog in questo contesto?

Io sono convinto che si possa fare molto: se la città è una rete sociale, trasferire la rete sociale in un ambiente meglio predisposto alla gestione della complessità reticolare è un'opportunità quanto meno da sperimentare. Credo che nei prossimi mesi vedremo qualche tentativo interessante. Anche l'amministrazione comunale della città in cui vivo - Pordenone, in Friuli - a partire proprio dal ragionamento che faccio a questo proposito nel libro, ha cominciato a pensare a un social network cittadino che rimetta in moto la partecipazione civica e redistribuisca responsabilità e competenze tra chi governa e i cittadini. Dove si può arrivare con questi strumenti dipende da quanto presto si riuscirà ad arrivare a una massa critica di persone attive, ovvero alla soglia che consente alle applicazioni online di funzionare a pieni giri e produrre valore. In Italia forse è ancora presto, ma trovo che l'interesse per queste opportunità sia un fatto molto positivo.

Blog e scuola. Alcuni insegnanti aprono un blog e si relazionano con gli studenti. Una sfida che apre nuovi orizzonti nella didattica...

I blog didattici sono una bella parabola del mondo d'oggi. Mentre si investe ancora in roboanti piattaforme di e-learning chiuse, proprietarie, complicate, poco scalabili, alcuni insegnanti volonterosi hanno reinventato spontaneamente la loro didattica quotidiana, o almeno una parte di essa, aprendo una comunissima ed economica finestra su internet. E le esperienze che ne escono sono molto interessanti, soprattutto nella scuola elementare. Non soltanto per quanto riguarda il rapporto con gli studenti, ma anche tra insegnanti, classi, istituti scolastici diversi, con i genitori, con gli esperti esterni. La rete della didattica, che la pesante organizzazione burocratica ministeriale non ha mai saputo valorizzare nel suo grande potenziale, ha finalmente l'opportunità di rinascere dal basso grazie all'iniziativa spontanea delle unità minime del processo didattico. Che è poi quello che sta avvenendo un po' in tutti i campi dell'organizzazione sociale.

La tua vita da blogger. Me la descrivi?

Ti dovrei raccontare la mia vita, semplicemente. Il blog ne è una rappresentazione digitale, una sorta di quaderno d'appunti digitale di quello che mi succede o delle cose che faccio per lavoro. Un luogo di incontro e confronto con le persone che animano le mie reti sociali, quando va bene. In questo sono un blogger atipico, forse. Lavorando tutto il giorno tra articoli, riviste e redazioni, non mi interessa considerare il mio blog come una rivista online da coltivare con costanza, ma semplicemente il mio punto di presenza, così come viene.

Qual è la tua idea del blogger di domani?

Il blogger di domani sarà come quello di oggi. Userà strumenti ancora più ricchi di funzioni e ancora più semplici, forse. Ma quello che farà avrà sempre a che vedere con il creare in prima persona e il condividerlo con altri. La differenza sarà semmai nel numero dei blogger e sugli effetti di questa onda creativa e collaborativa su larga scala. Una bella opportunità per rendere questo mondo un po' più vicino alle caratteristiche delle persone che lo abitano.


Approfondimenti

www.sergiomaistrello.it

Visita anche:

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Visita  il sito http://www.lastanzadivirginia.com
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