Editoria e scrittura

Antonio Sofi: giornalismi paralleli

Antonio Sofi: giornalismi paralleli

Antonio Sofi si occupa di web e di nuove tecnologie. Conosciutissimo in rete, cura rassegne stampa, scrive, insegna, orienta i dibattiti infiammati sui rapporti tra il mondo (in crisi) della stampa e il rapporto con le nuove tecnologie. Spesso vissuto come nemico, il blogger che fa informazione non è certo figlio di un giornalismo minore...

di Francesca Pacini

 

 

 


 

In rete si muove con esperienza e talento. Basta visitare il suo webgol oppure Quinta di copertina la rassegna stampa sul web e sulle nuove tecnologie che cura per Apogeoline. Antonio Sofi è uno di quelli che lotta - e lotta con passione - per far capire che il web offre nuove risorse al giornalismo tradizionale. E che non è un "nemico" nè tantomeno un collega di serie B. Per questo Antonio ha anche scritto un saggio breve, illuminante quanto eloquente, scaricabile gratuitamente dal web: Un nuovo giornalismo s'intreccia in rete. L'informazione nell'era dei blog. Una versione è stata pubblicata per i tipi della Carocci. Lui è una persona semplicissima che ti conquista con la sua simpatia. Scommetto che riesce a conquistare tutti i suoi studenti quando insegna giornalismo e nuovi media all'università di Firenze. Ma, dentro, è un uomo "di ferro". Conosce perfettamente le possibilità del web e spinge per far capire come sia possibile ipotizzare un incontro tra le vecchie guardie del giornalismo e le nuove, sterminate possibilità offerte dalla rete, con il suo esercito - in ascesa - di blogger...



Blog e giornalismo. Un tema molto discusso, che schiera due fronti opposti. Esiste però anche una terza via, quella dell’integrazione…

In effetti c'è stato un momento durante il quale i due fronti, quello del giornalismo tradizionale e quello del fenomeno dei blog “giornalistici”, erano davvero opposti, e usavano guardarsi in cagnesco. Ma ora, nonostante esistano alcune sacche di diffidenza, il “campo di battaglia” è significativamente cambiato: le “avanguardie” dei rispettivi “eserciti” si sono di fatto mescolati, sconfinando spesso dall'altra parte, sono stati attivati molteplici canali di comunicazione tra i “fronti”, varie esperienze concrete di “rimediazione” hanno dato chiara dimostrazione di come buona parte delle contrapposizioni iniziali fossero banalmente dettate da una scarsa conoscenza reciproca. Quello che è successo, l'integrazione di cui parli, è di fatto un allargamento del campo giornalistico. Come spesso è accaduto in altri campi culturali, per usare la nozione del sociologo francese Bourdieu. Come è accaduto anche all'interno del campo giornalistico, in passato: basti pensare agli addetti stampa, ai free lance o ai giornalisti dei siti web dei primordi, tutti all'inizio oggetto di diffidenza o addirittura considerati giornalisti di serie B. Un campo culturale, se è vivo e se vuole sopravvivere, d'altronde deve porsi il problema di rispondere alle novità in modo inclusivo. Cercando di includere le migliori pratiche e professionalità che emergono dai campi limitrofi e che possono portare nuova linfa ed energia, innovando il campo nel suo complesso. La giusta integrazione tra le regole del giornalismo professionale e quelle della blogosfera (che è nativo di internet e ne capisce meglio le regole) renderà l'ecosistema informativo migliore, alla lunga. Un ecosistema informativo che sta peraltro di giorno in giorno spostando il suo centro di gravità permanente e crossmediale sulla rete.

Quali sono le caratteristiche di questa integrazione?

Svariate. Sono ormai chiaramente visibili i “segni” di questo matrimonio che non s'aveva da fare e che alla fine si è fatto, tra giornalisti che curano blog e blogger che fanno giornalismo (senza entrare nel discorso dei tesserini e dell'ordine, che considero irrilevante ai fini di questa riflessione). I tre attori tradizionali della negoziazione giornalistica, ovvero media, fonti e pubblico, ormai si guardano e si parlano in modo diverso. Grazie anche alla presenza viva dei blog personali, che hanno inverato un Web fatto di pubblicazione alla portata di tutti e pratiche di conversazioni. E allora i media devono prestare più attenzione alla trasparenza delle fonti e all’attribuzione della paternità dei contenuti, e devono aprirsi al feedback e alla collaborazione con chi legge. Le fonti poi scelgono sempre più spesso di bypassare il filtro giornalistico comunicando direttamente con i pubblici interessati (vedi i blog aziendali, o politici). Quanto al pubblico (o ex-pubblico: chi vive intensamente la rete si è dimesso dal pubblico di massa, come da fulminante battuta di Gaspar Torriero) emerge chiara la voglia di partecipare attivamente alla definizione dell'agenda giornalistica, con in più una predisposizione crescente a quella che ho chiamato “triangolazione informativa”, ovvero la ricerca di più opinioni sullo stesso tema. C'è anche però il bicchiere mezzo vuoto. E lo si vede purtroppo ancora spesso, in piccole e grandi cose: quando i quotidiani non citano o linkano la fonte, per esempio, contravvenendo di fatto ad una regola vitale per il buon funzionamento delle conversazioni di rete. O quando i blogger pensano solo a premere il pulsante di pubblicazione, senza preoccuparsi di controllare con la massima accuratezza possibile la fonte di una notizia. Entrambi atteggiamenti dannosi per quello che alla fine è l'obiettivo di tutti coloro i quali vogliono far parte del campo giornalistico allargato (e non è certo obbligatorio!): produrre una informazione migliore, e più soddisfacente per tutti.

Che criteri segue la notiziabilità per un blogger?

E' proprio qui che si vede la forza straordinaria dell'integrazione di cui parlavamo prima. Il concetto di notiziabilità giornalistica è molto più elastico di quanto spesso pensiamo. Ciò che consideriamo una “notizia” in un contesto giornalistico, non lo è in un altro; ciò che consideriamo notizia oggi potrebbe non esserlo domani. Nel nostro caso, ogni qual volta nuovi soggetti entrano nel campo giornalistico (e, addirittura, vedi i blogger, a prescindere dalla legittimità ad essi inizialmente attribuita) i criteri di notiziabilità cambiano impercettibilmente, e spesso se ne aggiungono di nuovi. Ciò che è “notizia” per un blog (e per il suo pubblico) non necessariamente lo deve essere per un redattore di un quotidiano, di una televisione o di una radio (e per i rispettivi pubblici). Da una parte la blogosfera adotta acriticamente alcuni dei criteri usati dai media tradizionali, in parte li modifica, in parte ne crea di nuovi. Talora trainando anche l'informazione mainstream, creando mode e tendenze: si veda tutta l'attenzione che riesce a generare l'iPhone di turno. Più in generale la pratica del newsmaking blog ha almeno un paio di vantaggi indiscutibili: spesso si ha più chiara percezione di chi è il tuo pubblico, e di cosa si aspetta da te (anche perché spesso non manca di fartelo sapere molto chiaramente nei commenti).

Il giornalista ha il diritto di non citare la fonte. E il blogger?

Ci sono due modi possibili di intendere questa domanda. La prima è che il giornalista ha diritto a mantenere riservate le proprie fonti – è un diritto che tutela la libertà di informazione. Sulla possibilità di estendere questo diritto anche ai blogger che fanno informazione si sta recentemente discutendo negli Stati Uniti grazie al Free Flow of Information Act of 2007, un emendamento che peraltro vede l'appoggio quasi totale di tutti i soggetti in causa, editori compresi. Altra cosa è la citazione della fonte di cui parlavamo prima: sembra una sciocchezza, ma il link ben attribuito è fondamentale se si vuole sfruttare al massimo le potenzialità reticolari dell'informazione online. Linkare bene, linkare tutto: altrimenti rimarrai da solo a giocare al re-nudo, che si illude di essere monopolista dell'informazione.

Blogger e politica, una relazione pericolosa (per i politici). L’episodio delle dimissioni del repubblicano Trent Lott è molto significativo.

È uno di quei casi in cui la blogosfera nel suo complesso ha fatto l'agenda giornalistica. Trent Lott aveva pubblicamente pronunciato frasi razziste e offensive, ed era passato quasi sotto silenzio sui media tradizionali. Finché una vera e propria campagna di informazione via blog ha fatto riemergere la notizia. Casi come questi sono rari, ma forse solo perché non c'è ancora (almeno in Italia) piena consapevolezza delle potenzialità della blogosfera nel suo complesso, quando c'è da portare avanti una campagna d'informazione. Quanto ai politici, anche le primarie delle elezioni presidenziali lo dimostrano: non si può fare campagna elettorale facendo finta che la blogosfera non esista. Parte degli sforzi strategici delle campagne politiche che verranno dovranno essere destinate a capire come sfruttare la parte abitata della rete, ed entrare in conversazione con essa.

Nel tuo saggio citi anche il caso di Gianluca Neri, che con il suo blog Macchianera ha svelato alcuni omissis presenti su un documento relativo alla morte di Nicola Calipari…

Quel post di Gianluca Neri su Macchianera è di fatto uno dei rari casi di notizia “prodotta” da un blog è arrivata sulle prime pagine dei quotidiani. Un caso interpretabile peraltro alla luce dell'integrazione di cui abbiamo parlato. Perché allora, prima di Macchianera, ci fu chi pubblicò il documento integrale su forum e newsgroup (ma senza spiegazioni). La notizia però diventa “notizia del giorno” quando Neri pubblica il post [http://www.macchianera.net/2005/05/01/il_rapporto_calipari_senza_omi.html] in cui racconta “giornalisticamente” tutta la vicenda, rendendo peraltro scaricabile il pdf senza pecette. In altre parole, il cortocircuito “giornalistico” è avvenuto quando la notizia ancora “grezza” è arrivata tra le mani di qualcuno che aveva un blog e ha saputo “trattarla” dal punto di vista giornalistico. Un altro caso più recente è quello di Italia.it, il costosissimo portale turistico nazionale dalle mille vicissitudini che probabilmente, senza l'attenzione critica e il pungolo dettagliato della blogosfera, sarebbe rimasto (più o meno) confinato nella spirale del silenzio che spesso i media tradizionali ingenerano.

Nei momenti di emergenza, come nel caso dell’11 settembre o dello tsunami, i blog riescono a essere più veloci ed esaustivi del giornalismo tradizionale. Una grande responsabilità verso i lettori.

In casi di emergenza diffusa, i blogger possono essere sentinelle preziose, testimoni privilegiati e esperti di eventi notiziabili. Una forza testimoniale che si moltiplica per quanti “testimoni” hanno facoltà di pubblicazione, e di racconto dell'evento. Più che una minaccia, questa è una opportunità straordinaria per il campo giornalistico allargato: che spesso è il solo che le competenze giuste per fornire un quadro d'insieme, mettendo in forma quel “pulviscolo informativo”, che nelle situazioni di emergenza diffusa come anche nel caso dell'uragano di Katrina o delle bombe di Londra, i blog producono quasi naturalmente. Certo, è possibile anche una qualche forma di organizzazione dal basso dei contenuti prodotti: alcuni servizi di memetracking o basati sulla folksonomy hanno dimostrato come il pulviscolo possa essere “ordinato” anche dal basso, o automaticamente. Ma ci sarà sempre di più l'esigenza di un “sistema esperto” che metta nel miglior ordine possibile i contenuti che nascono ed emergono sulla rete.

Il blogger si occupa anche di notizie minori che non trovano spazio nella carta stampata. Ti va di citare qualche esempio?

È la parte a mio parere più affascinante della blogosfera. Quell'informazione residuale, “laterale”, con un taglio talora ironico. Che spesso si sviluppa nelle nicchie, nelle profondità di passioni verticali che, per forza di cose, non trovano spazio nell'informazione generalista. Dall'ufologia alla cucina regionale, dagli sport minori alle tecnologie didattiche non c'è ambito abbastanza piccolo da non essere, per qualcuno, interessante da raccontare o da leggere. A voler andare a curiosare con apertura d'animo e pazienza, si trovano centinaia di storie straordinarie: è la ricchezza della coda lunga.

Il sistema collaborativo di chi lavora in rete contrasta con la competizione che caratterizza il mercato. Si può parlare anche di opportunità per un’educazione diversa?

La rete è un'opportunità straordinaria per l'educazione. Permette di aprire le porte e le finestre spesso troppo chiuse e asfittiche delle aule scolastiche, mettendo letteralmente in rete esperienze e pratiche didattiche di successo. Permette altresì di attivare processi virtuosi di collaborazione (e formazione) a distanza: ci sono casi di blog didattici gemellati in paesi diversi, grazie ai quali classi di coetanei che vivono a centinaia di chilometri di distanza possono “parlarsi” e dialogare. Studiare le lingue o la geografia confrontandosi con madrelingua o con colleghi che in quei luoghi ci abitano, può essere, oltre che efficace, anche estremamente divertente. Il risvolto negativo della medaglia è rappresentato da quei casi di “bullismo digitale” che hanno funestato questi ultimi mesi. Ma anche in questo caso bisogna intendersi: il bullismo non nasce con YouTube o con i video su internet. Al contrario, come alcuni commentatori hanno fatto notare, se è vero che parte di questi fenomeni hanno avuto natura imitativa, proprio la Rete ha permesso a questo tema di emergere all'attenzione e alla consapevolezza pubblica (nonché spesso di trovare i “colpevoli”). Prima invece il bullismo c'era e poco se ne parlava: senza nemmeno la possibilità che qualcosa cambiasse.

Se il blog rappresenta una nuova frontiera del giornalismo, quali potrebbero essere gli assetti futuri?

Gli assetti futuri già in parte si vedono: un giornalismo integrato e crossmediale. Senza più troppe barriere rigide e castranti tra chi pubblica e chi fruisce. Tra blogger, lettori e giornalisti. Su internet siamo tutti sulla stessa barca, seppur con ruoli diversi in momenti e contesti diversi: remare contro è sciocco e controproducente per tutti.

Visita anche:

Visita  il sito http://www.lamiaistanbul.com
Visita  il sito http://www.lastanzadivirginia.com
I quaderni del MDS
Visita  il sito http://www.francescapacini.it

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