di Francesca Pacini
Parti per un viaggio. Destinazione: Parigi. Beato te. Attraversi i giardini del Bois de Boulogne, sali in cima alla Torre Eiffel, percorri i sorprendenti saloni del Louvre. Poi, magari, una sosta ristoratrice in uno di quei deliziosi, ma pure stimolanti, caffè frequentati in passato dagli scrittori (forse scegli El Flore, quello preferito da Sartre). Più tardi un'escursione a Montmartre e, perché no? Una passeggiata "necrologica" al Pére Lachaise. E via scoprendo.
Alla fine sei esangue ma soddisfatto. Pensi che Hemingway aveva ragione, "Parigi è una festa mobile". Solo che tu, invece, non stai setacciando la città in lungo e in largo, preda di un'ansia feconda, ma te ne stai tutto il giorno in albergo. Uno comodo, a quattro stelle. Non da solo, ovviamente: con la fidanzatina di turno. E alla mamma che ti chiama al telefono racconti estasiato tutto ciò che (non) hai visto grazie all'ausilio di un libretto. Farcito di immagini e istruzioni per l'uso. Il City Book offerto dal Corriere della Sera, per la precisione. Questo, ciò che suggerisce – con rara intelligenza – la pubblicità della guida in questione. Insomma, Parigi è una festa, sì, ma immobile. Da godere chiuso dentro una stanza (e si capisce di quali celebrazioni stiamo parlando).
D'altronde anche la mamma, a Praga, irrinunciabile guida alla mano, sta improvvisando ponti e palazzi con l'indice puntato su pagine risolutive. Mentre il marito (tuo padre), in vestaglia sorride con aria complice. Dunque un inno all'alcova piuttosto che una – sana – istigazione al viaggio. Peccato, perché l'iniziativa del quotidiano è apprezzabile: fornire al lettore guide complete sulle città sparse nel mondo. Un regalo utile che può anche diventare uno spunto per una meta non contemplata. Perché, quindi, mortificarla, con uno spot che ci infligge un italianetto furbastro e qualunquista?
Comunque, l'esempio nocivo, quello di una gita all'estero che si risolve in una permanenza in hotel, si inserisce a pieno titolo in una pratica – assai diffusa, purtroppo – del turismo inteso come svago e non come avventura, apprendimento. Che, lontana dagli illuminanti pellegrinaggi di Chatwin, preferisce spesso i rituali goderecci ma sterili dei Club Mediterranée. Benissimo: un'idea da combattere che viene invece ribadita. Con irritante disinvoltura.
Da “Storie”, n. 24, novembre ’96 – febbraio ’97, a. VI, p. 22