All’epoca dirigevo l’agenzia letteraria Il Segnalibro. Cercavamo ragazzi in grado di fare le schede di valutazione. Dovevamo anche rinnovare lo staff che si occupava di editing.
Ma mi rendevo conto che i laureandi, o laureati, non riuscivano a uscire dalle “gabbie accademiche” di un’università molto lontana, soprattutto allora, dal mondo professionale.
Esaminavano un testo come se dovessero fare un esame, non capivano la differenza fra l’approccio didattico che avevano loro insegnato e quello professionale, necessario in questo mestiere.
Fu così che pensai di fare un corso per redattori di case editrici e agenzie letterarie.
Fu il primo corso in Italia del genere: un taglio pratico, stages presso gli editori, professionisti del settore che tenevano le lezioni.
Fu un successo enorme, da nord a sud arrivavano frotte di allievi perché quello spazio professionale non era mai stato formato adeguatamente.
Già da allora, però, non ho mai voluto fare test d’ingresso, chiudendo il corso quando il numero di allievi raggiungeva il numero previsto, il tetto fissato oltre il quale non volevo andare (la didattica prevede che gli allievi siano sempre seguiti, un numero alto non lo permette).
Perché questa scelta? Perché avevo già visto come molti consulenti brillanti non avessero una formazione specifica: dopo un allenamento costante, volto al “saper fare”, riuscivano meglio di quelli con lauree e master.
Intendiamoci, la formazione universitaria è sempre utile. Ma non è determinante.
Negli anni, moltissimi allievi che oggi lavorano con successo nel mondo dell’editoria si sono formati senza nessuna laurea, o magari con lauree particolari, poco attinenti al settore.
Ne ricordo specialmente uno, che fuggiva dal mondo egli avvocati e che oggi dirige con successo una importante casa editrice.
Dunque è inutile fare test di ingresso. Alcuni li “usano” per mostrare che selezionano, in realtà basta una sana passione per la lettura, e un’assidua frequentazione con il mondo dei libri.
Il resto, lo si scopre “sul campo”.
Con molte sorprese.
L’esercizio e l’impegno personale contano tanto, tantissimo.
Alcuni saranno più bravi nella correzione di bozze, che richiede precisione e lucidità, altri invece scopriranno di avere la sensibilità necessaria per lavorare come editor.
Si tratta di un viaggio, una scommessa.
Bisogna essere disposti a mettersi in gioco e imparare con umiltà.
Non servono né lauree ne test di ingresso.
Serve una immensa, gigantesca passione.
Francesca Pacini