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Corsi di editoria: servono davvero?

Corsi di editoria: servono davvero?

Ultimamente si discute molto sui corsi di editoria. Alcuni ci vedono una speculazione. Indubbiamente, dal lontano 2000 in cui formulai il primo corso (che fu anche il primo, in Italia, con questa formula) è passato molto tempo. Negli anni, i corsi sono spuntati ovunque, come funghetti velenosi. E, ovviamente, non tutti sono di qualità. Molti imbonitori editoriali si sono improvvisati maestri nella formazione, radunando alcune truppe sgangherate per insegnare un mestiere bello e difficile.

 

Ed è vero che molti ci hanno visto una via facile per fare soldi (neanche poi molti, ma sempre soldi). Ora, occorre innanzitutto specificare che l'università non è assolutamente in grado, se non in pochi casi, di rispondere al mercato tramite un'adeguata formazione editoriale capace di offrire quella conoscenza pratica necessaria  in questi casi. Adesso le cose stanno migliorando, certamente anni fa, quando iniziai, questo tipo di formazione per redattori era del tutto inesistente.

Come mi è venuta l'idea? Ero sempre in crisi per la carenza di collaboratori in gamba. Dirigevo l'agenzia letteraria Il Segnalibro e coordinavo editor e lettori professionali. Eravamo in una fase di importante ristrutturazione dell'agenzia stessa.

Ma, sebbene molti venissero dall'università vantando lauree in lettere e master, le loro prove erano sempre scarse: non riuscivano a scrollarsi di dosso un certo accademismo. I testi che valutavano diventano un esercizio di bello stile valido per un esame sulle correnti letterarie passate o presenti, ma erano sicuramente inutili per capire se un testo era pubblicabile o meno. Ogni volta, dovevo spiegare come si elaborava una scheda, controllarla, far capire all'aspirante lettore cosa aveva dimenticato di inserire. Le valutazioni erano completamente scollate dal mercato e dalla sua conoscenza. Erano "scolastiche", appunto. Per non parlare dei tentativi di editing.

Ora, ovviamente c'è anche il fortunato che nasce con un talento. Tuttavia nella maggior parte dei casi l'esercizio, la pratica svolge un ruolo determinanente per fare bene questo mestiere. Fu così che mi venne l'idea: avrei organizzato un corso pratico, invitando  professionisti, e non i soliti  docenti legati al mondo accademico. I ragazzi avevano bisogno di imparare come fare, cosa fare, non di conoscere la data di invenzione della carta stampata. Fu così che, insieme ad alcune figure del mondo romano dell'editoria, fra cui Marco Cassini, Daniela Di Sora, Simone Caltabellota (tutti da me invitati, retribuiti ovviamente) assieme alle quali insegnai, diressi il primo corso di editoria che coinvolgeva varie case editrici e che alla fine garantiva uno stage ai più brillanti. E i più brillanti, ovviamente, li coinvolgevo per prima nelle attività dell'agenzia.

Non c'era mai stato, prima, un corso del genere, con questo respiro. Lo stage finale permetteva a molti, finalmente, di muovere i primi passi in un settore che già all'epoca era piuttosto in crisi. Ma, si sa, siamo un paese di aspiranti scrittori, non certo di lettori (le cifre sono davvero vergognose). Fu un successo copiato ovunque, da Milano a Bari.

Purtroppo, molti si improvvisarono. Così sono iniziati corsi, corsetti, scuole varie. Alcune sono serie, altre sono solo specchietti per le allodole. Tuttavia, ancora oggi ritengo che formare redattori sia fondamentale. Una scheda di valutazione, una correzione di bozze, un editing hanno bisogno di pratica. Di qualcuno che ti spieghi come fare, insegnandoti a evitare le trappole. Per questo esercizi e laboratori sono imprescindibili.

Chi pensa che si possa affrontare lo spietato mondo delle case editrici senza i mezzi idonei si sbaglia di grosso. Non è un lavoro che si improvvisa. Purtroppo, però, negli anni ho assistito al deterioramento degli stage, diventati  vere e proprie mattanze in cui si spolpa il malcapitato per poi sostituirlo, a rotazione, con il nuovo arrivato. In questo modo molti fubetti si garantiscono una manodopera efficiente e soprattutto gratuita. Non posso fermare questa deriva, ma posso scegliere per gli allievi stage seri, affidabili. L'ho sempre fatto.

Negli anni la soddisfazione principale è il loro ricordo affettuoso, la stima reciproca.

Alcuni ce la fanno, altri no. In questo settore il setaccio è quasi violento. Bisogna essere bravi, bravissimi, Ma si può riuscire.

Mi spiace quando vedo attaccati i corsi privati di formazione che hanno permesso a molti di trovare un lavoro, coprendo anche alcune carenze didattiche del sistema universitario.

Sono in prima linea nella condanna di scuole raffazzonate, tirate su alla buona. Questo è ciò che bisogna combattere.

Quella del redattore è una figura che affascina molti. Forse troppi. Ma se non si tenta non si capisce neanche se ci siamo portati davvero.

Mi piace regalare questa occasione alle persone. Lo faccio con orgoglio e convinzione.

Se non fossi convinta dell'utilità di una buona formazione editoriale, semplicemente, non lo farei.

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